Lui si chiamava Benedetto,era notaio.Ma,allora, notai erano i benestanti del paese che godevano della fiducia dei loro concittadini e,di conseguenza, detenevano le case comunali.

Benedetto era un padrone ma ogni tanto era generoso e faceva volentieri l'elemosina.

Così l'ha voluto ritrarre il pittore vagante che l'ha immortalato nel quadro datato 1821 mentre con  piglio feudale concede una moneta d'oro ad una povera vedova e al suo bambino....

 

 

 La  zia  Maruzza  pesava  107 chili, era  una  grande cuoca    -  memorabili le sue arancine!!!! - 

e comandava a bacchetta le collaboratrici di casa che, inspiegabilmente, l'amavano e la servivano con assoluta dedizione....Sarà che  nella sua cucina si mangiava senza limitazioni,erano i duri anni del dopoguerra e in molte case del paese la cena consisteva in pale di ficodindia bollite.... Maruzza faceva mangiare generosamente tutti coloro che lavoravano per lei,offriva da bere ai braccianti che passavano a salutarla ma in campagna nessun raccoglitore aveva il diritto di portare via un'oliva raccolta da terra...

 

Il tenente Peppino  aveva impalmato l'ereditiera del paese ma in realtà, in tempi di matrimoni combinati, l'affare lo aveva fatto lei. Peppino, tra i primi del suo paese,aveva studiato. 

Il giorno della sua laurea la banda del paese era scesa alla stazione ad accoglierlo,era il 1936.  Grazie al suo stipendio di alto funzionario aveva salvato il patrimonio della moglie.

Ligio e pedante fino all'inverosimile,se lo ricordano ancora sia i collaboratori della Banca d'Italia che i  braccianti  che lavorarono nelle sue campagne negli anni 50. Nelle ristrettezze del dopoguerra, furono gli unici in paese ad avere i contributi pagati e la relativa pensione...

 

Qualche scorcio del paese di Tusa.